Dafne🌿


L’ho fatto. Dopo i primi momenti di esitazione ho preso quelle quattro sfere colorate e le ho
buttate giù. Erano troppo invitanti per essere ignorate. Non credo di riuscire a descrivere
perché sono arrivata a questo, forse non esiste neanche una spiegazione chiara, sarà stata
l’ansia? La paura? Oppure la curiosità? Sta di fatto che ora sono nella mia stanza e ancora
non succede niente. Sento solo come un prurito alla gola, alquanto deludente, ma incessante.
Poi aumenta e inizio a tossire prima lievemente e poi…sangue.
Lo sento in bocca ed è inutile trattenerlo, perché aumenta sempre di più e mi piega in due. Il
terrore mi pervade e vado nel panico, non c’è nessun altro in casa, nessuno che possa
sentirmi mentre cerco di prendere aria affannosamente. La mia mente è così piena di
pensieri, qual è l’ultima cosa che ho detto a mia madre, l’ho salutata? Ho riportato il libro al
mio amico? Ho risposto al messaggio di mia sorella? Inizio a piangere. Respirare sembra
impossibile, come facevo prima? Dal naso non entra niente e la gola è bloccata dal fiotto di
sangue. Ho i brividi lungo la schiena e mi gira la testa, cerco disperata il telefono ma la mia
vista è appannata dalle lacrime, così inizio a camminare verso il corridoio. La stanza si
restringe e agita, faccio molta fatica e barcollo così mi appoggio all’armadio, ma la mia mano
è sudata. Se solo qualcuno entrasse e mi prendesse…voglio essere abbracciata e coccolata
come quando ero piccola. Scivolo per terra. Cado.

Mi sento immersa nel vuoto, attratta verso un fondo invisibile, come se avessi attraversato
cento piani di un grattacielo, per un tempo infinito. Di colpo atterro e, improvvisamente,
sono sdraiata su un prato primaverile: la campagna si staglia intorno a me interrotta solo da
alcune rovine in distanza. Provo ad alzarmi ma vengo subito spinta giù e posso solo muovere
la testa, il resto del corpo è come addormentato. Il calore del sole mi riscalda ma la luce non
mi dà fastidio perciò inizio a decifrare le forme delle nuvole sopra di me, ora simili a una fila
di macchine, ora a un corridore. Sento un cinguettio e mi volto per scoprire che uccello si sta
avvicinando, ma con un sussulto scopro che le mie dita sono verdi e rugose; mi giro a vedere
la mano sinistra e lei sta già penetrando nel terreno. Inizio ad acquistare sensibilità nella
schiena e, come se delle matite si facessero strada tra i miei muscoli e lacerassero la mia
pelle, sento un dolore lancinante quando una radice spunta dal mio corpo. Si aprono
centinaia di fori ma non riesco a gridare, la mia bocca è sigillata, stringo i denti e scarico il
dolore nelle lacrime che scorrono sull’erba come fiumiciattoli. Poi dal mio ombelico vedo
spuntare una fogliolina, chiudo e riapro gli occhi e vedo meglio lo stelo sottile.

La terra mi sta inglobando e io mi sto stagliando su di essa. Mi sento svanire, il mio corpo
non è niente ma può essere tutto: ogni forma, ogni dimensione, ogni peso: mi trovo
all’altezza delle nuvole e alla profondità delle falde. Non mi appartengo, ma forse neanche
prima mi appartenevo davvero. Sento il calore della terra che si unisce al fresco del vento che
soffia su di me e tutt’un tratto sento un movimento sotto di me. Un’irrefrenabile sensazione
di vita che si sparge dalla mia nuca fino ai miei talloni, il terreno è animato penso, ma è
molto di più. Riesco a percepire ogni singola, minuscola esistenza che nasce, cresce e si
spegne senza che nessuno se ne accorga. Il dolore è cessato per lasciare spazio alla
tranquillità: finalmente posso riposare

Fine

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